FEDERICA VENNI - IL RAGAZZO CHE NON
DOVEVA MORIRE. L'OMICIDIO RAMELLI E CINQUANT'ANNI DI FERITE
(CASTELVECCHI EDITORE, 128 PAGINE, 16,50 EURO)
Era il 13 marzo del 1975, quando uno studente diciottenne,
militante dell'organizzazione giovanile dell'Msi, viene
aggredito sotto casa a Milano da un gruppo di giovani di
Avanguardia Operaia: morirà quarantasette giorni dopo, il 29
aprile 1975.
A cinquant'anni di distanza, il brutale assassinio di Sergio
Ramelli è uno dei simboli degli Anni di Piombo, e ancora divide.
Una frattura che si alimenta nei dibattiti politici, sui
giornali, nei cortei: anzi, oggi il vecchio schema dei "rossi
contro i neri", dei morti "più morti degli altri", torna a
riproporsi con forza, e ogni ricorrenza è un pretesto per
risalire sulle barricate.
Con gli articoli del tempo, gli atti del processo e le
testimonianze inedite dei protagonisti di allora, la giornalista
di Repubblica Federica Venni ricostruisce, nel suo libro 'Il
ragazzo che non doveva morire. L'omicidio Ramelli e
cinquant'anni di ferite' (Castelvecchi Editore, 128 pagine,
16,50 euro), un'intera stagione della storia d'Italia, già così
remota eppure mai superata: ricordarsene significa non dare per
scontata la fine della violenza politica e fare in modo che non
si ripeta.
Allora Sergio Ramelli potrà smettere di essere un'icona
fascista e tornare un ragazzo come tanti nella Milano degli anni
Settanta; e la sua vicenda sarà testimonianza che di fronte al
male non c'è ideologia che tenga, ma semmai lo spazio per
decidere secondo coscienza.
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