Donald Trump non molla la presa e rivendica di essere stato contattato telefonicamente dal presidente cinese Xi Jinping. Mentre Pechino, per il secondo giorno di fila, ribadisce di non avere "alcuna consultazione o negoziato in corso sui dazi" con gli Stati Uniti, e assicura di prepararsi ad affrontrare gli scenari "peggiori". Il tycoon, mentre la guerra commerciale tra Usa e Cina segue un canovaccio imprevedibile e surreale, ha assicurato in un'intervista a Time di aver chiuso "200 accordi" sui dazi, anche se finora nessuno è stato annunciato. Ma ha suggerito che tali intese potrebbero essere svelate a giugno.
"Nel giro di tre o quattro settimane....abbiamo finito", ha rimarcato. La parte più seguita dell'intervista è stata quella sulla telefonata ricevuta da Xi. Quando gli è stato chiesto di chiarire la vicenda alla Casa Bianca, poco prima di partire per i funerali in Vaticano di Papa Francesco, il tycoon ha replicato che avrebbe dato maggiori dettagli "al momento opportuno". E alla domanda se avesse parlato con il leader cinese dopo il lancio dei dazi reciproci americani di inizio aprile ha tagliato corto: "Non voglio commentare la questione, ma gli ho parlato numerose volte". HA quindi ribadito come gli Usa siano molto vicini all'intesa tariffaria con il Giappone: "Gli accordi commerciali stanno andando molto bene".
Intanto a Washington, a margine dei lavori del Fondo monetario internazionale, faccia a faccia del segretario al Tesoro Usa, Scott Bessent, con il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti e col commissario Ue all'economia Valdis Dombrovskis: "Diciamo che ci sono i presupposti per affrontare temi complicati in tempi complicati - ha detto Giorgetti - però lo spirito è quello giusto. C'è un'apertura da parte loro come c'è un'apertura da parte nostra nel discutere di quelli che sono i temi di oggi che non sono semplicemente i dazi ma anche quelli della tassazione del digitale e le spese della difesa", ha osservato il ministro, in merito alla domanda sul possibile accordo commerciale con l'Europa. Per Dombrovskis invece "l'impatto economico stimato dei dazi sarà negativo per l'economia dell'Ue, ma ancor di più per quella degli Stati Uniti" e "avrà un effetto negativo sulla crescita globale". Intanto anche il portavoce del ministero degli Esteri Guo Jiakun ha negato le affermazioni di Trump su "un contatto diretto tra Usa e Cina", rincarando che "gli Usa non dovrebbero trarre in inganno l'opinione pubblica".
La leadership comunista, del resto, ha annunciato di valutare "essenziale" il rafforzamento della postura "verso gli scenari estremi". Il Politburo, l'organo collegiale di vertice più ampio del Partito comunista, ha proposto nuovi strumenti finanziari per sostenere l'innovazione tecnologica, stimolare i consumi e stabilizzare il commercio estero. Xi e la leadership mandarina hanno sollecitato "piani di emergenza", promesso un sostegno speciale alle aziende colpite dai dazi e il rafforzamento della previdenza sociale per i lavoratori interessati. E ancora: un allentamento monetario, misure per il consumo di servizi, l'accelerazione della spesa pubblica senza espanderla e l'impegno ad aumentare l'aiuto mirato alle imprese con l'avanzare della guerra dei dazi. Un fronte all'apparenza granitico, determinato "a collaborare con la comunità internazionale per sostenere con vigore il multilateralismo e per opporsi alle pratiche di bullismo unilaterale", secondo il resoconto della riunione del Politburo dell'agenzia statale Xinhua. Eppure, qualche crepa si affaccia sul fronte mandarino.
La Cina ha concesso alcune esenzioni tariffarie al 125% sull'import dagli Usa, valutando di eliminare altri dazi a supporto delle aziende colpite, ha riferito il Financial Times. Michael Hart, capo della Camera di Commercio Usa in Cina, ha citato i prodotti sanitari. Ma ci sono poi aviazione, chimica industriale ed alcuni microchip. Hart ha identificato i settori farmaceutico e dei dispositivi medici come vulnerabili, date le corpose importazioni: "Se i dazi rimanessero in vigore ai livelli attuali, sarebbe difficile immaginare di non vedere alcune aziende che chiudono e vanno via". Uno scenario da incubo per la leadership cinese.
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