"Sergio Ramelli non divide. Chi
divide è chi lo rimuove, chi lo ignora, chi finge che la sua
storia non sia degna di memoria. Noi, invece, affermiamo il
valore della memoria condivisa. Una memoria non selettiva, non
partigiana, non strumentale". Così il sottosegretario
all'Interno, Wanda Ferro, di Fratelli d'Italia, intervenendo a
Catanzaro alla cerimonia d'intitolazione di un giardino pubblico
a Sergio Ramelli, lo studente diciottenne militante del Fronte
della Gioventù ucciso a Milano a colpi di chiave inglese nel
1975 da militanti di estrema sinistra.
Una memoria - ha aggiunto il sottosegretario Ferro - che insegna
che non si può dividere il dolore in categorie politiche. E che
la democrazia si difende con il pensiero, non con la violenza. E
che la politica è passione, mai odio. Quello di Sergio Ramelli
fu un delitto politico, premeditato, giustificato da una cultura
dell'odio che ha prodotto decine di morti. Fu l'omicidio di un
ragazzo indifeso, massacrato sotto casa, davanti agli occhi dei
vicini, per quello che scrisse in un tema scolastico. Non era un
violento, non cercava lo scontro, non agitava bastoni, non
lanciava molotov. Sergio fu ucciso per quello che pensava.
Quella stagione di violenza è lontana, ma ci sono inquietanti
segnali di intolleranza che continuano a manifestarsi. Non con
le spranghe, oggi, ma con il veto, con il silenzio imposto, con
la censura ideologica. Ancora oggi, in alcune università
italiane, c'è chi si arroga il diritto di decidere chi può
parlare e chi no. Chi può salire in cattedra e chi deve tacere.
Non possiamo accettare che si impedisca il libero confronto.
Perché la violenza non è solo fisica: è anche culturale, è il
rifiuto del dialogo, è l'imposizione del pensiero unico".
Secondo Wanda Ferro, "ricordare Sergio Ramelli significa anche
difendere la libertà. La libertà di pensare, di parlare, di
dissentire, di partecipare. E significa anche educare i giovani
a questa libertà, spiegando loro quanto può costare l'odio
ideologico, e quante vite ha spezzato. Per troppi anni il nome
di Sergio è stato rimosso, nascosto, scomodo. Perché evocava una
verità difficile da ammettere: che nel vortice di odio e di
sangue degli anni '70 ci sono state tante vittime tra i ragazzi
della destra e nessuno li ha mai pianti pubblicamente. Oggi
rendiamo onore a una delle pagine più dolorose della nostra
storia nazionale. Oggi compiamo un gesto di memoria, di verità
e di giustizia. Perché ricordare Sergio Ramelli non è solo un
atto doveroso, è un dovere morale, civile e nazionale. E lo
facciamo nel modo più nobile possibile: con le parole, con la
riflessione, con la memoria storica. Ma anche con un gesto
concreto: l'intitolazione di un giardino pubblico in suo nome,
grazie all'impegno dell'Amministrazione provinciale di Catanzaro
e del Comitato Sergio Ramelli".
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