Una pattuglia di cardinali d'oltre Manica come numericamente non si vedeva da secoli, dall'isola in cui si consumò lo scisma anglicano di re Enrico VIII.
C'è anche questa (relativa) novità nella foto di famiglia del Conclave destinato a scegliere dal 7 maggio il successore di papa Francesco al timone della Chiesa cattolica universale, in un tempo ormai lontano da certi tipi di guerre di religione.
In totale il sacro collegio attuale conta fra le sue file 5 porporati in rappresentanza nelle isole britanniche: ben quattro (tre elettori e uno no) dei quali provenienti dall'Inghilterra, nazione dominante del Regno Unito laddove i fedeli di Roma sono tradizionalmente in minoranza. Mentre la cattolica (quanto secolarizzata) Irlanda si ritrova ad allineare soltanto l'86enne cardinale Sean Brady, escluso - come tutti gli over 80 - dal novero di chi ha diritto di voto; a meno di non considerare pure il camerlengo Kevin Farrell, nativo di Dublino, ma naturalizzato americano da oltre 40 anni e il cui cursus ecclesiastico s'è snodato interamente negli Usa prima dell'approdo in Vaticano.
I cardinali inglesi sono Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster e primate cattolico del Regno; Timothy Radcliffe, accademico e apprezzato predicatore a Oxford, già generale dell'Ordine dei domenicani; Arthur Roche, ex vescovo di Leeds trasferito in curia da una dozzina d'anni e prefetto della Congregazione per il culto divino dal 2021; nonché - fuori dal conclave - Michael Fitzgerald, 88 anni ad agosto, ex diplomatico della Santa Sede creato cardinale da papa Bergoglio già ultraottantenne (senza dimenticare che è inglese pure il 'ministro degli Esteri' in carica della Santa Sede, monsignor Paul Richard Gallagher).
Una rappresentanza non indifferente per una terra il cui establishment e la cui anima popolare furono in passato visceralmente "anti-papisti". E dove tuttavia ne è passata di acqua sotto i ponti. Un Paese nel quale i cattolici battezzati sono oggi circa 6 milioni - britannici di radici irlandesi o di famiglie immigrate, ma non solo - con ruoli di rilievo in tutti gli ambiti sociali e culturali, politica compresa: sulla scia del lungo percorso compiuto dopo la graduale fine, dall'età vittoriana in poi, di persecuzioni e discriminazioni storiche.
Percorso segnato da figure su cui spicca quella del cardinale ottocentesco John Henry Newman (canonizzato da Francesco nel 2019), raffinato intellettuale e teologo convertito che fu promotore d'un cenacolo di scrittori e pensatori anglo-cattolico di grande peso in seno all'élite culturale inglese, in grado di produrre frutti lungo tutto il '900.
Una storia alla quale si ricollegano inevitabilmente pure i cardinali elettori di oggi, Nichols, Radcliffe e Roche, pronti a far sentire la loro influenza, sebbene esclusi o auto-esclusi dalle liste dei cosiddetti papabili. Estromissione che per il meno anziano dei tre, il 75enne Roche, originario dello Yorkshire, si lega forse a un profilo troppo curiale. Mentre per ciò che riguarda i 79enni Nichols e Radcliffe nasce dalle loro stesse parole, all'insegna d'un categorico "non possumus". "Sono troppo vecchio e non avrei la capacità di guidare la barca di Pietro", s'è schermito l'arcivescovo di Westminster scambiando qualche battuta con un reporter dalla natia Liverpool (la più etnicamente irlandese delle città inglesi) prima di partire la settimana scorsa per Roma. "Lo Spirito Santo è troppo saggio - gli ha fatto eco con sense of humor britannico il londinese Radcliffe - per pensare a me. Anche solo per un attimo".
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