In assenza di una minaccia diretta,
per sé e per la propria compagna, uccise un 23enne con un colpo
di fiocina sparata da un fucile subacqueo in via Cilea a Sirolo
(Ancona) il 27 agosto del 2023: un omicidio che non sarebbe
scaturito dall'iniziale "diverbio stradale" ma dal successivo
intervento dei fratelli della vittima, uno dei quali lo colpì
con un pugno per il quale l'omicida intese "vendicarsi". Lo
scrive la Corte d'Assise di Ancona nella motivazione della
sentenza con la quale, il 21 gennaio scorso, ha condannato a 18
anni di carcere Melloul Fatah, 28 anni, per l'omicidio
volontario, senza l'aggravante dei futili motivi, di Klajdi
Bitri, albanese 23enne.
Il delitto avvenne di primo pomeriggio a seguito di un
litigio per motivi stradali, all'altezza di una rotatoria. Si
era creato un ingorgo di auto e dopo vari insulti, che avevano
coinvolto anche parenti e amici della vittima, Fatah era tornato
al proprio veicolo per prendere la fiocina e puntarla al petto
del giovane poi deceduto. Subito dopo era risalito a bordo
dell'auto, dove si trovava anche la fidanzata, e se ne era
andato. Era stato arrestato prima di cena, a Falconara, dai
carabinieri. L'imputato, difeso dall'avvocato Davide Mengarelli,
ha sostenuto di non essersi accorto del colpo mortale e di aver
preso il fucile solo per spaventare il gruppetto che gli dava
addosso. Secondo i giudici, però, la sua versione non è
plausibile.
"Ha scelto in totale autonomia di inseguire, in assenza di
qualsivoglia minaccia, per sé e per la propria compagna, -
scrive la Corte a proposito dell'imputato - di prelevare il
fucile elastico con fiocina a tre punte, che utilizzava per la
pesca subacquea, di imbracciarlo e di puntarlo alla vittima che
in piedi, dietro la Mercedes, dopo pochi attimi decedeva
nell'impotenza e nello sconforto generale". Secondo la Corte, il
28enne agì per vendicare il pugno che aveva subito nella lite:
"compreso di non poter prevalere e attesa l'inferiorità numerica
- osserva nella sentenza il presidente della Corte Roberto
Evangelisti - non reagiva e si dirigeva verso la propria auto
dando l'impressione di desistere e di voler riprendere la
marcia, apparenza però ingannevole poiché il fine che muoveva
Melloul era antitetico". La fidanzata "non aveva eccepito alcun
pericolo, per nulla allarmata si chinava a recuperare gli
occhiali caduti in precedenza al fidanzato nel corso dello
scontro con la vittima e i suoi amici".
La Corte ripercorre i drammatici attimi dell'omicidio: Fatah
"ha premuto a distanza di circa due metri e mezzo il grilletto
del suo fucile subacqueo munito di tridente contro Klajdi,
facile bersaglio in quanto in posizione eretta, disarmato e
impossibilitato a opporre qualsivoglia difesa se non tentare di
disporsi in posizione di chiusura alzando il ginocchio sinistro
in funzione di scudo". I familiari della vittima erano parte
civile nel processo con gli avvocati Marina Magistrelli e Giulia
Percivalle.
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